Sull’onda del primo successo stagionale in Challenge Cup dell’Overmach Rugby Parma, che oggi nel “campetto” di Moletolo ha battuto 34-29 i francesi del Brive (ottavi nel prestigioso Top 14 transalpino), a conferma dei continui progressi del rugby italiano in campo internazionale anche a livello di club, pubblico molto volentieri l’intervista con il parmigianissimo presidente della Fir, Federazione Italiana Rugby, Giancarlo Dondi, 73 anni, da poco riconfermato per il quarto mandato, e che quindi sarà al timone del movimento rugbistico italiano fino al 2012. Giocatore per nove anni, poi grande dirigente, un ruolo che l’ha portato in giro per il mondo. Ma con il cuore sempre legato a Parma. Entra quindi di diritto anche lui nella galleria delle Interviste di Pramzanblog.
Lei ha giocato nei ruoli di seconda e terza linea nelle Fiamme Oro e nella Rugby Parma: che differenza c’è tra il rugby di ieri e quello di oggi?
Sì, ho giocato dal 1955 al 1964. Prima nella Rugby Parma per due anni, poi, durante il servizio militare, per due anni nelle Fiamme Oro Padova, quindi ancora per sei anni nella Rugby Parma. Il rugby di oggi è più atletico, più veloce, richiede una prestazione professionale di alto livello. Ai miei tempi ci si allenava due volte alla settimana e poi i campi dove si giocava… gli stessi per il calcio e per il rugby. D’inverno erano pantani. Io dico sempre che i giocatori di oggi sono dei “signorini”, rispetto a noi…
Nel 1950, 1955 e 1957 la Rugby Parma vinse tre scudetti: lei aveva rispettivamente 15, 20 e 22 anni. Si dedicò al rugby sull’onda di quei trionfi?
Be’, allora, a Parma, il rugby era sicuramente uno sport “vincente”. Poteva invogliare un giovane. Io mi avvicinai al rugby attraverso i campionati studenteschi. Ero di buona stazza e venni consigliato di dedicarmi a questo sport. Poi avevo amici che già giocavano.
Che scuola ha frequentato?
Il corso geometri al Melloni e poi ho conseguito il diploma universitario in statistica a Padova.
Anche lei era un abituale frequentatore del Bar Centrale, in via della Repubblica, dove si riunivano gli appassionati di rugby?
Andavo lì per leggere, sulla bacheca esposta davanti al bar, se ero stato convocato per la partita. Ma dentro, nel bar, ci sono entrato poche volte.
Chi erano allora i suoi migliori amici, in campo e fuori?
Ne avevo tanti, di amici. Io frequentato soprattutto Romano Rossi, Vittorio Mutti, Gianni Cattabiani, Renzo Botti.
Da giocatore a dirigente: non riusciva a stare senza rugby, vero? Altrimenti che cosa avrebbe fatto nella vita?
Be’, rugby a parte, ho lavorato tanto nella mia vita. Nel campo siderurgico. Per un po’ mi ero anche allontanato dal mondo del rugby, per motivi di lavoro.
Si è sposato, ha avuto figli?
Sì, sono sposato, e ho avuto due figlie: Elisabetta, che è una sfegatata appassionata di rugby e mi segue ovunque, e Patrizia.
Da 12 anni è presidente della Federazione italiana rugby ed è appena stato confermato per il quarto mandato. Quindi è decisamente “sopra le parti”. Ma è rimasto tifoso della Rugby Parma?
Guardi, innanzitutto le dico che continuo a fare il presidente perché non lo considero una priorità della mia vita. Se avessi desiderato diventarlo a tutti i costi, adesso non sarei qui. E’ stato capito da tutti che faccio questo per passione, per spirito di servizio, perché mi sono sempre interessato di rugby vero, perché sono sempre stato molto vicino alla Nazionale. Io non posso essere “tifoso” di nessuna squadra, ma è evidente che ricordo con piacere il periodo della mia gioventù, quando giocavo. Però non ho mai sofferto di nostalgia.
Parma (città e provincia) ha quattro squadre: un bene o un male?
Se parliamo di un rugby dilettantistico, dove prevale la passione, allora è un bene. Se invece parliamo di un rugby professionistico… allora siamo troppi…
Problema stadio: crede davvero che se ne farà uno nuovo? Mi pare, sentendo in giro, che stia prevalendo lo scetticismo. E lo stadio attuale di Moletolo, provvisorio, vive in base a deroghe…
Io spero vivamente che il nuovo stadio, prima o poi, si faccia. È umiliante vedere che comuni come Viadana e Calvisano hanno ottimi stadi e Parma, con tutta la sua tradizione, è costretta a giocare in un campetto di periferia, dove non c’è nemmeno il posto per parcheggiare. Attenzione, c’è il rischio che questa situazione faccia “rinculare” il rugby nella nostra città. Come parmigiano lo ammetto: è umiliante, molto umiliante.
Che cos’è per lei la parmigianità?
La parmigianità è per me qualcosa di positivo e nello stesso tempo di negativo. Positiva è la genuinità, che ci viene dalla nostra origine campagnola. Negativo è quel non saperci scrollare di dosso quel senso di superiorità, quella convinzione di essere più forti, più belli, e che la nostra città è stata una capitale. Parma, per carità, è bellissima, ma dobbiamo imparare a mettere i piedi per terra.
Ama la lirica?
Tutti in famiglia amano la lirica, invece io sono la pecora nera. Qualche volta mi è perfino capitato di addormentarmi, a teatro.
Parla il dialetto?
Mi capita molto poco di parlarlo, ma mi piace. Quando ero ragazzo lo parlavano tutti, me compreso. Ed è anche per questo che ero scarso in italiano…
Quali sono gli angoli di Parma che ama di più?
Ce ne sono tanti. In particolare il Lungoparma mi regala una grande serenità. E poi il Parco Ducale. Il tratto da via Pisacane verso il Duomo e il Battistero…
La Nazionale di Nick Mallett: quante partite vincerà nel prossimo Sei Nazioni? Tre?
Non sta a me dirlo. Comunque siamo in netta crescita. Per ottenere grandi risultati bisogna fare grandi prestazioni, però non basta. Ci vuole anche un pizzico di fortuna. Vedremo.
Il rugby italiano, con lei alla presidenza, ha fatto passi da gigante. È entrato nel cuore di molti italiani. Ma non teme che alla lunga gli appassionati si stanchino di avere una nazionale bella ma perdente con le grandi?
Facciamo il discorso all’incontrario. Che cosa succederà quando la nazionale italiana di rugby comincerà a battere le grandi?
Il Flaminio, a Roma, resterà lo stadio della Nazionale?
Penso proprio di sì. Siamo arrivati a 34mila posti. E sono sicuro che se ne avessimo di più li riempiremmo egualmente.
La Rugby Parma, cioè l’Overmach, ha le carte in reola per vincere lo scudetto quest’anno?
Il problema è che ogni squadra, pur migliorata, deve prendere l’abitudine a certe performance ad alto livello. Non ci si può trasformare, nel rugby moderno, dal mattino alla sera. Comunque io credo che, sì, quest’anno la Rugby Parma Overmach abbia le carte in regola per poter vincere lo scudetto.
Achille Mezzadri
(Nelle foto, dall’alto /per gentile concessione della Fir/: 1) Il presidente Giancarlo Dondi nel suo ufficio; 2) Primo piano di Dondi; 3) Il presidente Dondi con l’ex ministro Giovanna Melandri e alcuni azzurri)